Astensione obbligatoria dal lavoro e aspettativa senza retribuzione




Con riferimento all’indennità di maternità per astensione obbligatoria, dal computo dei sessanta giorni antecedenti all’inizio del suddetto periodo di astensione obbligatoria, non si escludono dal computo i casi di assenza dal lavoro a titolo di aspettativa, congedo, o permesso senza retribuzione.


Così si è espressa la Corte di Cassazione sul caso di una dipendente che chiese all’Inps il pagamento dell’indennità di maternità per astensione obbligatoria anticipata dal lavoro. Precedentemente, dopo un primo parto, la lavoratrice aveva fruito sia di astensione obbligatoria sia facoltativa ed aveva pure ottenuto aspettativa contrattuale senza assegni per accudire il figlio.
In questo periodo la stessa lavoratrice si era trovata nuovamente in stato di gravidanza, ottenendo il collocamento in astensione obbligatoria anticipata per ragioni di salute.
Successivamente al rifiuto dell’Istituto, la dipendente si rivolse al giudice di primo grado che accolse la domanda respingendo la difesa dell’Inps fondata sulla circostanza che tra la data di inizio del lavoro senza retribuzione ed il momento di inizio del congedo di maternità anticipata risultava intercorso un periodo superiore a quello massimo di sessanta giorni previsto dalla legge.
La Corte di merito affermò il principio che le assenze dal lavoro, comunque connesse a precedente gravidanza, non concorressero al calcolo dei sessanta giorni antecedenti l’inizio del periodo di congedo per maternità.


Con ricorso in Cassazione, l’INPS sostiene che la decisione della Corte di merito è errata in quanto la legge (TU maternità) opera anche in difetto di prestazione lavorativa retribuita per un periodo massimo non superiore a sessanta giorni; solamente in alcuni casi è consentito non tenere conto di taluni periodi nel computo dei sessanta giorni. In questi periodi non rientra l’assenza dal lavoro senza retribuzione per giustificati motivi di famiglia.
Condividendo tale difesa, la Corte di Cassazione ha precisato che, con riguardo all’indennità prevista per le lavoratrici madri, l’espressione “senza retribuzione” deve intendersi nel senso che la lavoratrice non ha diritto alla retribuzione in dipendenza dell’assenza e non già quale mero fatto da cui deriva l’esclusione del beneficio. È pertanto necessario che la situazione di mancanza di diritto alla retribuzione in dipendenza dell’assenza sia stata accertata in maniera definitiva per effetto di un accordo tra le parti del rapporto di lavoro.
Ai fini del computo dei predetti 60 giorni, per fuire dell’indennità giornaliera di maternità, non si tiene conto delle assenze dovute a malattia o ad infortunio sul lavoro, accertate e riconosciute dagli enti gestori delle relative assicurazioni sociali, né del periodo di congedo parentale o di congedo per la malattia del figlio fruito per una precedente maternità, né del periodo di assenza fruito per accudire minori in affidamento, né del periodo di mancata prestazione lavorativa prevista dal contratto di lavoro a tempo parziale di tipo verticale.
L’indennità di maternità non risulta subordinata al possesso di una determinata anzianità assicurativa o contributiva, ma alla sussistenza, o quanto meno alla contiguità temporale, di un rapporto di lavoro. L’indennità spetta anche alla lavoratrice disoccupata se tra la data di inizio della disoccupazione e la data di inizio del periodo di astensione obbligatoria non siano decorsi più di sessanta giorni; l’indennità spetta anche laddove vengano superati i sessanta giorni laddve la lavoratrice interessata sia in godimento dell’indennità di disoccupazione.





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