Una condotta illecita, estranea all’esercizio delle mansioni del lavoratore subordinato, può avere un rilievo disciplinare, poiché il lavoratore è assoggettato non solo all’obbligo di rendere la prestazione, bensì anche all’obbligazione accessoria di tenere un comportamento extra-lavorativo che sia tale da non ledere né gli interessi morali e patrimoniali del datore di lavoro, né la fiducia che, in diversa misura e in diversa forma, lega le parti del rapporto di durata.
La Corte d’appello aveva rigettato il gravame proposto da un lavoratore avverso la sentenza del Tribunale di prime cure, che aveva dichiarato legittimo il licenziamento a lui intimato dal datore di lavoro, per essere stato arrestato a seguito del ritrovamento in suo possesso di circa cinquecento grammi di hashish, fatto per il quale egli aveva patteggiato la pena in sede penale. In Cassazione propone ricorso il lavoratore, lamentando in particolare che la Corte avrebbe ritenuto legittimo il licenziamento sulla base della semplice commissione di un reato e negando la necessità di indagare in concreto sull’idoneità del fatto stesso a compromettere irrimediabilmente rapporto fiduciario, riguardo in particolare all’estraneità del fatto accertato rispetto al rapporto di lavoro, alla tipologia e la modalità delle mansioni svolte dal odierne ricorrente, al tipo di sostanza stupefacente, al confezionamento in un unico involucro della stessa.
Il ricorso non è fondato per la Suprema Corte. La problematica dell’idoneità di condotte extra-lavorative a costituire giusta causa di licenziamento è stata reiteratamente affrontata in sede di Cassazione, che ancora di recente ha ribadito che anche una condotta illecita, estranea all’esercizio delle mansioni del lavoratore subordinato, può avere un rilievo disciplinare, poiché il lavoratore è assoggettato non solo all’obbligo di rendere la prestazione, bensì anche all’obbligazione accessoria di tenere un comportamento extra-lavorativo che sia tale da non ledere né gli interessi morali e patrimoniali del datore di lavoro, né la fiducia che, in diversa misura e in diversa forma, lega le parti del rapporto di durata. Detta condotta illecita comporta la sanzione espulsiva se presenti caratteri di gravità, che debbono essere apprezzati, tra l’altro, in relazione alla natura dell’attività svolta dall’impresa datrice di lavoro e all’attività in cui si inserisce la prestazione resa dal lavoratore subordinato.
Passando poi ad esaminarne le ricadute sul rapporto di lavoro, la Corte di appello ha correttamente rilevato che il lavoratore non ricopriva nell’azienda una posizione di particolare rilievo, né aveva la responsabilità o il coordinamento di altri lavori, ma egli svolgeva la sua attività all’interno dello stabilimento molto grande e frequentato da alcune migliaia di maestranze, con un contatto giornaliero con numerosissimi altri lavoratori e con conseguente pericolo di diffusione nell’ambiente dello stupefacente detenuto, risultando così giustificato il timore del datore di lavoro di una condotta non circoscritta nello stretto ambito della vita privata.
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