Assegnazione agevolata di beni, ACE e IRI: chiarimenti dal Fisco




Si forniscono chiarimenti in materia di assegnazione agevolata di beni, ACE e IRI (Agenzia delle Entrate – Circolare 07 aprile 2017, n. 8/E).

Assegnazione agevolata di beni:
– il differenziale negativo di reddito – rilevato in contabilità (ricavi e costi) e che deriva dall’assegnazione di beni merce – assume rilevanza ai fini della determinazione del reddito d’impresa sempre che il componente positivo sia stato determinato in misura pari al valore normale. Pertanto, nel caso di assegnazione agevolata di un bene merce con costo storico di 100, valore catastale di 80 e valore normale di 120, se in sede di assegnazione si sceglie di adottare il valore catastale di 80, la componente negativa di 20 non è deducibile;
– è possibile fruire della disciplina agevolativa di beni al valore di libro solo se vi sono riserve disponibili di utili e/o di capitale almeno pari al valore contabile attribuito al bene in sede di assegnazione.
ACE:
– ai fini ACE, per i soggetti diversi dalle banche e dalle imprese di assicurazione la variazione in aumento del capitale proprio non ha effetto fino a concorrenza dell’incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari diversi dalle partecipazioni rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010. La norma, quindi, decurta la variazione in aumento del capitale proprio fino a concorrenza dell’incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari, diversi dalle partecipazioni, rispetto a quelli risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010. Tale disposizione interessa la generalità delle imprese (anche non aventi legami di gruppo), con la sola esclusione di banche e imprese di assicurazione; ciò poiché l’investimento mobiliare rientra tra le attività “tipiche” esercitate dalle stesse. Il Fisco ritiene che la fattispecie dell’investimento in titoli, non ricompresa tra le disposizioni antielusive suscettibili di disapplicazione mediante interpello, configuri sostanzialmente una norma di sistema per la determinazione del beneficio. Ne consegue che la stessa non può costituire oggetto di interpello probatorio.
IRI:
– il cd. plafond IRI, nei limiti del quale è consentita la deduzione delle somme prelevate a carico dell’utile dell’esercizio e delle riserve di utili, è pari al “reddito del periodo d’imposta e dei periodi d’imposta precedenti assoggettati a tassazione separata al netto delle perdite residue computabili in diminuzione dei redditi dei periodi d’imposta successivi”. In altri termini, il plafond IRI va determinato computando in aumento i redditi assoggettati a tassazione separata con l’aliquota del 24% (sia nel periodo di imposta che nei periodo di imposta precedenti) e in diminuzione le perdite residue non ancora utilizzate. Pertanto, laddove tali perdite siano utilizzate, le stesse non dovranno più essere portate in diminuzione del plafond IRI;
– la base imponibile IRI è pari alla differenza tra il reddito di impresa e le somme prelevate dall’imprenditore, dai familiari o dai soci a carico dell’utile dell’esercizio e delle riserve di utili. Pertanto, è da ritenere che la determinazione della base imponibile IRI vada effettuata in due step: prima è necessario determinare il reddito d’impresa secondo le ordinarie disposizioni e poi portare in deduzione dal reddito così determinato le somme prelevate nei limiti, ovviamente, del plafond IRI.






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