Dichiarazione infedele: il socio paga la sanzione



Con la recente Ordinanza n. 9637 del 13 aprile 2017, la Corte di Cassazione ha affermato che la sanzione amministrativa per infedele dichiarazione di una società di persone può essere correttamente applicata nei confronti dei soci, anche non amministratori.

FATTO


All’esito dell’accertamento nei confronti della società, l’Agenzia delle Entrate ha emesso avviso anche nei confronti del socio con l’irrogazione nei confronti dello stesso della sanzione per infedele dichiarazione.
Il ricorso del socio è stato respinto dai giudici tributari che hanno affermato la legittima applicazione della sanzione.
Il contribuente ha proposto ricorso in cassazione eccependo l’illegittima applicazione della sanzione sulla base del principio di colpevolezza stabilito in materia tributaria, per cui nelle violazioni punite con sanzioni amministrative ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.
Di conseguenza la responsabilità del singolo socio per violazioni amministrative non può discendere dalla mera qualità di socio ed identificarsi in essa.


LA SANZIONE PER INFEDELE DICHIARAZIONE


Se nella dichiarazione è indicato ai fini delle singole imposte un reddito netto inferiore a quello accertato si applica la sanzione da una a due volte l’ammontare della maggiore imposta o delle maggiori imposte dovute, anche se la differenza dipenda dalla indeducibilità di spese, passività e oneri.
La sanzione, per la parte relativa a ciascuna imposta, è aumentata di 1/3 se la differenza tra il reddito accertato e quello dichiarato riguarda anche i redditi prodotti all’estero, mentre è ridotta a 1/2 se la maggiore imposta è inferiore a 1/4 di quella accertata e non si applica quando la maggiore imposta accertata non è superiore a euro 5,16.

DECISIONE DELLA CASSAZIONE


La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso affermando che il maggior reddito risultante dalla rettifica operata nei confronti di una società, ed imputato per trasparenza al socio ai fini dell’IRPEF, in proporzione della relativa quota di partecipazione, comporta anche l’applicazione allo stesso socio della sanzione per infedele dichiarazione, in quanto ai soci è consentito il controllo dell’amministrazione sociale, e la verifica dell’effettivo ammontare degli utili conseguiti.
I giudici della Suprema Corte hanno precisato che, pur considerando il principio della colpevolezza stabilito in materia tributaria, nel caso di infedele dichiarazione di società, la sanzione non è irrogata sulla base della mera volontarietà, ma piuttosto:
– per i soci non amministratori, la colpa è riconducibile nell’omesso o insufficiente esercizio del potere di controllo sullo svolgimento degli affari sociali e di consultazione dei documenti contabili, e del diritto ad ottenere il rendiconto dell’attività sociale;
– mentre per i soci amministratori, la colpa deriva dai poteri di gestione, direzione e controllo dell’attività sociale.





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