La Corte di Cassazione ha affermato che il ricorso a collaborazioni esterne, senza l’impiego di lavoratori dipendenti, di per sé non esclude la ricorrenza di una sua autonoma struttura organizzativa assoggettabile ad IRAP, dovendosi invece valutare la qualità e quantità di tali collaborazioni (Sentenza 12 aprile 2017, n. 9477).
FATTO
L’Agenzia delle Entrate ha emesso cartella di pagamento nei confronti del professionista (ingegnere) per il recupero dell’IRAP non versata, rilevando la presenza di compensi per collaborazioni di terzi.
Il professionista ha impugnato la cartella di pagamento, con sentenza favorevole. I giudici tributari l’hanno annullata ritenendo che non ricorressero i presupposti per applicare l’imposta, data l’assenza di personale dipendente.
La decisione è stata impugnata dall’Agenzia delle Entrate con ricorso accolto dalla Corte di Cassazione.
DECISIONE DELLA CASSAZIONE
I giudici della Suprema Corte hanno ricordato che il presupposto dell’IRAP è la sussistenza di un’autonoma struttura organizzativa “esterna” che ricorre allorché il professionista impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui, non essendo sufficiente l’assenza di limitazioni e controlli da parte di altri soggetti.
A tal fine, l’auto-organizzazione del professionista costituisce un elemento essenziale per la sottoposizione all’imposta, ma non è sufficiente, essendo altresì necessario un elemento organizzativo esterno, basato sull’esistenza di beni strumentali, sul ricorso a lavoro altrui e sull’apporto di capitale, anche in via tra loro alternativa.
In altri termini, l’applicazione dell’IRAP deve trovare giustificazione in una specifica capacità contributiva del soggetto colpito, che coinvolge la capacità produttiva dell’obbligato se accresciuta e potenziata da una attività autonomamente organizzata, nel cui ambito assume rilievo anche la presenza di un solo dipendente, quale elemento potenziatore ed aggiuntivo ai fini della produzione del reddito, peraltro senza che di per sé l’apporto del lavoro altrui induca ad affermare il requisito dell’autonoma organizzazione, spettando tale apprezzamento al giudice di merito.
Con riferimento al fattore-indice costituito dal lavoro altrui, anche il ricorso al lavoro di terzi per la fornitura di tutti i necessari servizi (dalla telefonia al segretariato) in forma rilevante e non occasionale, ma continuativa, integra il presupposto IRAP dell’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata, non rilevando che la struttura posta a sostegno e potenziamento dell’attività professionale del contribuente sia fornita da personale dipendente o da un terzo in base ad un contratto di fornitura.
Ne consegue che la circostanza che il professionista non si sia avvalso di lavoratori dipendenti, ma di collaborazioni autonome esterne di per sé non esclude la ricorrenza di una sua autonoma struttura organizzativa assoggettabile ad IRAP, dovendosi invece valutare la qualità e quantità di tali collaborazioni.
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