In seguito all’introduzione della disciplina delle Unioni civili tra persone dello stesso sesso e delle convivenze di fatto, l’Inps fornisce istruzioni in merito all’incidenza delle nuove disposizioni sulla disciplina degli obblighi previdenziali posti a carico degli imprenditori.
Secondo la nuova disciplina in materia di Unioni civili, “le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso (…)”.
Qualsiasi disposizione normativa, pertanto, che contenga la parola “coniuge”, deve intendersi riferita anche ad ognuna delle parti dell’Unione civile. Tale equiparazione comporta la necessità di estendere le tutele previdenziali in vigore per gli esercenti attività autonoma anche ai coadiuvanti uniti al titolare da un rapporto di unione civile, registrato ai sensi di legge e comprovato da dichiarazione sostitutiva. Ne deriva che, in sede di comunicazioni di eventi che il titolare è tenuto ad effettuare mediante il sistema ComUnica, egli potrà indicare come proprio collaboratore colui al quale è unito civilmente, identificandolo, nel campo relativo al rapporto di parentela, quale coniuge.
Anche con riferimento al campo di applicazione dell’istituto dell’impresa familiare, deve intendersi che il soggetto unito civilmente al titolare dell’impresa familiare deve essere equiparato al coniuge, con tutti i conseguenti diritti ed obblighi di natura fiscale e previdenziale.
Con riferimento invece alle convivenze di fatto, esse consistono in unioni stabili tra due persone maggiorenni, legate da vincoli affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile. La nuova normativa estende al convivente alcune tutele riservate al coniuge o ai familiari, ad esempio in materia penitenziaria, sanitaria, abitativa, ma non introduce alcuna equiparazione di status, né estende al convivente, per quanto di interesse, gli stessi diritti/obblighi di copertura previdenziale previsti per il familiare coadiutore. Pertanto, il convivente di fatto, non avendo lo status di parente o affine entro il terzo grado rispetto al titolare d’impresa, non è contemplato dalle leggi istitutive delle gestioni autonome quale prestatore di lavoro soggetto ad obbligo assicurativo in qualità di collaboratore familiare. Le sue prestazioni saranno quindi valutabili, in base alle disposizioni vigenti ed alle elaborazioni giurisprudenziali, al fine di individuare la tipologia di attività lavorativa che si adatti al caso concreto.
L’Inps evidenzia, inoltre, l’art. 230 ter al codice civile, attribuisce al convivente “che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente” il diritto di “partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato”, a meno che non sussista già tra le parti un rapporto di subordinazione o di società. Tale innovazione, peraltro, non attribuisce ai conviventi di fatto i medesimi diritti di cui godono i familiari, poiché in questo caso il legislatore avrebbe utilizzato locuzioni idonee ad includere il convivente nella formulazione del predetto articolo e non avrebbe al contrario introdotto un nuovo articolo che disciplina separatamente i diritti del convivente che presti attività in un’impresa familiare.
In ogni caso, secondo l’Istituto, alla luce del tenore letterale e dell’interpretazione delle disposizioni introdotte, l’eventuale attribuzione di utili d’impresa al convivente di fatto, da parte del titolare, ai sensi del nuovo articolo 230 ter, non ha alcuna conseguenza in ordine all’insorgenza dell’obbligo contributivo del convivente alle gestioni autonome, mancando i necessari requisiti soggettivi, dati dal legame di parentela o affinità rispetto al titolare.