Forniti chiarimenti sulla stratificazione fiscale del patrimonio netto della società risultante dalla fusione c.d. inversa (Agenzie entrate – risoluzione 24 maggio 2017, n.62/E).
Sotto il profilo giuridico, il patrimonio netto che si conserva all’esito di una operazione di fusione è sempre quello della società che sopravvive legalmente alla fusione, ossia quello della società incorporante. Di conseguenza, anche all’esito di una fusione inversa il patrimonio netto che sopravvive non può che essere quello dell’incorporante/controllata.
Sotto il profilo contabile, per quanto riguarda la fusione inversa, il principio contabile nazionale 4 prevede che il complesso economico unificato dopo la fusione non può che avere lo stesso valore, sia che si effettui una incorporazione diretta o una incorporazione rovesciata; in altri termini, fissa il principio che il patrimonio netto totale post-fusione inversa deve essere pari al patrimonio netto totale post-fusione diretta poiché il valore complessivo delle due società incorporate è sempre lo stesso.
Pertanto, la stratificazione delle voci di patrimonio netto presente nella società che sopravvive alla fusione “segue” l’impostazione giuridica sua propria. Ne deriva che anche nella circostanza in cui l’operazione di fusione abbia le caratteristiche della fusione inversa trova applicazione quando indicato nel TUIR:
– stabilendo che le riserve in sospensione di imposta, concorrono a formare il reddito dell’incorporante se e nella misura in cui non sono state ricostruite nel suo bilancio prioritariamente utilizzando l’eventuale avanzo di fusione;
– distinguendo, poi, tra le riserve in sospensione tassabili in ogni caso, se non ricostruite nel bilancio successivo alla fusione e quelle tassabili solo in caso di distribuzione, che devono essere ricostruite previa sussistenza di un avanzo.
Ciò al fine ultimo di tutelare le ragioni dell’erario nei confronti delle società il cui patrimonio netto viene annullato per effetto della fusione.
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