È nullo l’avviso di accertamento emesso in anticipo senza “particolare” ragione d’urgenza



Con la recente sentenza n. 9836 del 19 aprile 2017, i giudici della Suprema Corte hanno affermato che l’emissione anticipata dell’avviso di accertamento conseguente all’accesso presso la sede dalla società, in assenza di “particolare” ragione di urgenza rende in ogni caso invalido l’atto, a nulla rilevando la formale indicazione nell’avviso stesso della motivazione sull’eventuale urgenza rappresentata nella imminente scadenza dei termini per l’accertamento.

FATTO


L’Agenzia delle Entrate ha emesso nei confronti della società avviso di accertamento, per scostamento dei redditi dichiarati dallo studio di settore di riferimento, dopo soli 41 giorni dalla data dell’accesso presso la sede della società.
In tal modo, l’Uffico non ha rispettato una precisa disposizione che prevede un termine dilatorio di sessanta giorni prima dell’emissione dell’avviso. Termine al quale è possibile derogare solo in presenza di “particolari” ragioni d’urgenza.
I giudici tributari hanno dichiarato che la condizione derogatoria doveva ritenersi rispettata, in quanto l’Amministrazione finanziaria aveva indicato nel provvedimento le ragioni di urgenza che ne avevano determinato l’adozione, ravvisate nella imminente scadenza dei termini per l’accertamento.
La società ho promosso ricorso in Cassazione eccependo la nullità dell’avviso di accertamento per mancato rispetto del termine dilatorio, in assenza di una valida particolare ragione d’urgenza.

DECISIONE DELLA CASSAZIONE

La Corte di Cassazione ha riformato la decisione dei giudici tributari precisando che affinché l’atto possa ritenersi valido non è sufficiente che lo stesso rechi la motivazione sul perché sia stato emesso prima del decorso del termine dilatorio, ma occorre che l’adozione anticipata del provvedimento sia realmente giustificata da “particolare” ragione di urgenza. Se questa ragione ricorre la tempestiva adozione del provvedimento è legittima anche se essa non sia enunciata nel provvedimento.
Nel caso specifico la ragione di urgenza indicata nel provvedimento è stata identificata nella imminente scadenza dei termini per l’accertamento.
A tal proposito i giudici della Suprema Corte, dichiarando la nullità dell’atto di accertamento emesso anticipatamente, hanno precisato che il riferimento alla “particolare” ragione di urgenza idonea a giustificare l’anticipazione dell’emissione del provvedimento, va interpretato nel senso che “la ragione deve essere riferita specificamente al contribuente e al rapporto tributario oggetto di accertamento. Più precisamente, al fine di preservare l’avviso intempestivo dalla sanzione di nullità, il requisito dell’urgenza deve rimanere agganciato a specifici elementi di fatto che esulano dalla sfera dell’ente impositore e fuoriescono dalla sua diretta responsabilità nell’accertamento delle pretese fiscali.
In altri termini, le specifiche ragioni di urgenza non possono identificarsi con l’imminente spirare del termine di decadenza per l’accertamento, giacché è dovere dell’amministrazione finanziaria attivarsi tempestivamente per consentire il dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, altrimenti si verrebbero a convalidare, in via generalizzata, tutti gli atti in scadenza, in contrasto col principio secondo cui il requisito dell’urgenza deve essere riferito alla concreta fattispecie e, cioè, al singolo rapporto tributario controverso.
Dunque, qualora l’amministrazione finanziaria deduca, quale circostanza di «particolare e motivata urgenza», il fatto di non aver potuto rispettare il termine dilatorio di sessanta giorni allegando l’imminente scadenza del termini previsti per l’azione di accertamento, l’Ufficio ha l’onere di specificare e dimostrare che ciò non sia dipeso dalla sua incuria, negligenza o inefficienza, ma da ragioni che hanno impedito il tempestivo e ordinato svolgersi delle attività di controllo.
Diversamente, l’avviso di accertamento deve ritenersi nullo per mancato rispetto del termine “dilatorio”.





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