A fronte di una guarigione anticipata, il lavoratore è tenuto a comunicare, mediante la rettifica del certificato telematico, il venir meno della condizione morbosa di cui al rischio assicurato. Affinché la rettifica venga considerata tempestiva, non è sufficiente che essa sia effettuata prima del termine della prognosi originariamente certificata, bensì è necessario che intervenga prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa.
Mediante la trasmissione telematica della certificazione di malattia, l’Inps può disporre, come è noto, in tempo reale delle informazioni inerenti allo stato di temporanea incapacità al lavoro dei soggetti interessati.
Tutte le informazioni contenute nel certificato telematico, rivestono peculiare importanza. Fra queste, in particolare, la data di fine prognosi – in assenza di ulteriore certificazione – la quale costituisce il termine ultimo ai fini dell’erogazione della prestazione economica di malattia. Sul piano medico legale, tale data rappresenta un elemento “previsionale” sul decorso clinico e sull’esito dello stato patologico riportato in diagnosi, conseguentemente, risulta suscettibile di possibili variazioni sia in termini di prolungamento sia di riduzione. Nell’ipotesi di un prolungamento dello stato morboso, il lavoratore – per prassi già consolidata – provvede a farsi rilasciare dal medico uno o più certificati di continuazione. Ugualmente, nel caso di una guarigione anticipata, l’interessato è tenuto a richiedere una rettifica del certificato in corso.
La rettifica della data di fine prognosi, in seguito ad una guarigione anticipata, rappresenta quindi un adempimento obbligatorio da parte del lavoratore, sia nei confronti del datore di lavoro, ai fini della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, sia nei confronti dell’Inps, dato che, mediante la presentazione del certificato di malattia, viene avviata l’istruttoria per il riconoscimento della prestazione previdenziale senza necessità di presentare alcuna specifica domanda. Il lavoratore è, pertanto, tenuto a comunicare, mediante la rettifica del certificato telematico, il venir meno della condizione morbosa di cui al rischio assicurato. Affinché la rettifica venga considerata tempestiva, non è sufficiente che essa sia effettuata prima del termine della prognosi originariamente certificata, bensì è necessario che intervenga prima della ripresa anticipata dell’attività lavorativa. Essa va richiesta al medesimo medico che ha redatto il certificato, riportante una prognosi più lunga.
In considerazione di quanto sopra esposto e tenuto conto della necessità di garantire che i dati forniti all’Istituto mediante i diversi flussi certificativi siano tempestivamente aggiornati e veritieri, nei casi in cui emerga, a seguito di assenza a visita di controllo domiciliare e/o ambulatoriale, la mancata o tardiva comunicazione della ripresa anticipata dell’attività lavorativa, verranno applicate, nei confronti del lavoratore, le sanzioni già previste per i casi di assenza ingiustificata a visita di controllo, nella misura normativamente stabilita per tali fattispecie (100% dell’indennità per massimo 10 giorni, in caso di 1° assenza; 50% dell’indennità nel restante periodo di malattia, in caso di 2° assenza; 100% dell’indennità dalla data della 3° assenza).
La sanzione sarà comminata al massimo fino al giorno precedente la ripresa dell’attività lavorativa, considerando tale ripresa come una dichiarazione “di fatto” della fine prognosi (avvenuta nella giornata immediatamente precedente) dell’evento certificato. Il lavoratore, che si trovi nelle ipotesi sopra descritte e che, non trovato al domicilio di reperibilità, venga invitato a visita ambulatoriale, dovrà, comunque, produrre una dichiarazione attestante la ripresa dell’attività lavorativa.