Il corretto regime fiscale dell’assegno divorzile e la sua rilevanza reddituale.
Come noto, in caso di separazione, scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, l’Autorità giudiziaria può stabilire l’obbligo in capo ad uno dei coniugi di provvedere al mantenimento dell’altro attraverso la corresponsione di assegni periodici, di solito mensili, di un determinato importo. Da un punto di vista fiscale, l’assegno di mantenimento all’ex coniuge costituisce, in capo al beneficiario, reddito assimilato a quello di lavoro dipendente ai fini Irpef, con il riconoscimento delle detrazioni d’imposta. L’assegno, tuttavia, deve essere erogato con cadenza periodica; diversamente, se corrisposto in unica soluzione, non ha natura reddituale ed è irrilevante, al riguardo, la rateizzazione del pagamento, che costituisce solo una diversa modalità di liquidazione dell’importo pattuito tra le parti e non va quindi confuso con la corresponsione periodica dell’assegno.
In capo al soggetto erogante, l’assegno costituisce un onere deducibile dal reddito nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli; in caso di mancata distinzione nel provvedimento giudiziario, il beneficio fiscale viene riconosciuto al 50%. Le somme corrisposte al coniuge a titolo di adeguamento Istat dell’assegno, possono essere dedotte solo nel caso in cui la sentenza del giudice preveda un criterio di adeguamento automatico, mentre resta esclusa la possibilità di dedurre somme corrisposte dal coniuge volontariamente. L’assegno di mantenimento all’ex-coniuge, poi, può essere dedotto dal reddito a condizione che sia corrisposto periodicamente. Di contro, gli assegni periodici pregressi scaduti o rimasti insoluti, che vengano corrisposti in unica soluzione, sono comunque deducibili, in quanto tale modalità di corresponsione non ne modifica la natura di “assegno periodico”.
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