Il trasferimento del lavoratore è vietato anche se la disabilità del familiare, che egli assiste, non si configuri come grave, a meno che il datore provi la sussistenza di esigenze aziendali effettive e urgenti.
La normativa in materia di disabili dispone che il lavoratore che assiste la persona con handicap ha diritto a scegliere, se possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.
Secondo l’orientamento della giurisprudenza, la suddetta previsione deve essere interpretata in funzione della tutela della persona disabile, sicché il trasferimento del lavoratore è vietato anche quando la disabilità del familiare, che egli assiste, non si configuri come grave, a meno che il datore di lavoro, in considerazione della natura e del grado di infermità psico-fisica di quello, provi la sussistenza di esigenze aziendali effettive e urgenti, insuscettibili di essere altrimenti soddisfatte.
Alla luce di tale principio, la Corte di Cassazione ha rigetto la domanda di una lavoratrice per ottenere la declaratoria di illegittimità del provvedimento aziendale con il quale era stata trasferita presso altra sede.
Come statuito in appello, nella specie, non era ravvisabile il vizio denunciato dalla lavoratrice in questione di non avere tenuto conto della situazione personale della ricorrente, in relazione all’assistenza prestata, atteso che il giudice di secondo grado nel rilevare il venir meno del posto cui la lavoratrice era in precedenza assegnata, che costituiva circostanza non contestata, riteneva la sussistenza di esigenze aziendali effettive.
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