Lavoratori impatriati, il beneficio compete anche per gli autonomi



La Legge di Bilancio 2017 ha apportato modifiche anche alla disciplina relativa al regime fiscale agevolato dei “lavoratori impatriati”, con l’inclusione tra i soggetti beneficiari dei lavoratori che producono redditi da lavoro autonomo

Dal 1° gennaio 2017, i redditi di lavoro dipendente ed autonomo prodotti in Italia da soggetti che trasferiscono la residenza nel territorio dello Stato, concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del loro ammontare. Possono beneficiare dell’agevolazione i soggetti che abbiano acquisito la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo d’imposta 2016, salva la possibilità riconosciuta ai lavoratori “contro-esodati” (L. n. 238/2010) di accedervi su opzione. I lavoratori non devono essere stati residenti in Italia nei 5 periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a permanere in Italia per almeno 2 anni. Il requisito risulta soddisfatto se i soggetti, per la maggior parte di ciascun periodo di imposta, non sono stati iscritti nelle anagrafi della popolazione residente e ne hanno avuto nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza. E’ irrilevante il tempo intercorrente tra l’inizio dell’attività lavorativa e il trasferimento della residenza; peraltro, quest’ultimo può essere anche precedente all’inizio dell’attività, sempre che sia ravvisabile un collegamento tra i due eventi. L’attività lavorativa deve essere svolta presso un’impresa residente nel territorio dello Stato, in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che direttamente o indirettamente controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa. La nozione di impresa comprende qualsiasi soggetto giuridico che eserciti un’attività economica, consistente nell’offerta di beni e servizi sul mercato, a prescindere dal suo status giuridico, dalla forma organizzativa nonché dalle modalità di finanziamento. Altresì, l’attività lavorativa deve essere svolta, prevalentemente nel territorio italiano, per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di ciascun periodo d’imposta. Naturalmente, rilevano sia i rapporti di lavoro dipendente a tempo indeterminato che a tempo determinato, nonché i rapporti assimilati a quelli di lavoro dipendente. In caso di successivi rapporti di lavoro, il requisito della prevalenza deve essere verificato tenendo conto della attività svolta nell’intero periodo di imposta. Nel computo dei 183 giorni rientrano non solo i giorni lavorativi, ma anche le ferie, le festività, i riposi settimanali e altri giorni non lavorativi. Non possono essere, invece, computati i giorni di trasferta di durata superiore a 183 giorni, o il distacco all’estero. I lavoratori devono rivestire ruoli direttivi ovvero essere in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione. Con riferimento al lavoratore autonomo impatriato, è richiesto unicamente che non sia stato residente nel territorio dello Stato nei 5 periodi di imposta precedenti il trasferimento, permanga in Italia per almeno 2 anni, nonché vi svolga l’attività lavorativa in modo prevalente.
Il regime fiscale agevolato si applica a decorrere dal periodo di imposta in cui è avvenuto il trasferimento della residenza nel territorio dello Stato e per i 4 periodi successivi. Il beneficiario decade dal diritto agli stessi laddove la residenza in Italia non sia mantenuta per almeno due anni; il biennio decorre dal periodo di imposta in cui il lavoratore diviene fiscalmente residente. In tal caso si provvede al recupero dei benefici già fruiti, con applicazione delle relative sanzioni e interessi.





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