Il datore di lavoro può licenziare il lavoratore che si assenta dal lavoro perché non è stato trasferito nella città del familiare da assistere.
Lo ha affermato la Suprema Corte di Cassazione pronunicandosi sul caso di un lavoratore che chiedeva la condanna del proprio datore a disporre il proprio trasferimento ai sensi della Legge 104 presso la sede di lavoro dove risiedeva il padre malato nonché il risarcimento per l’illegittimo trasferimento presso altri sedi, con attribuzione di mansioni dequalificanti.
I giudici confermavano la sentenza di merito secondo la quale non sussistevano i presupposti per l’applicabilità della normativa suddetta in quanto il ricorrente non aveva dimostrato gli elementi della continuatività ed esclusività dell’assistenza.
Era stato, infatti, accertato che l’assistenza al padre malato non era in capo al lavoratore in questione in modo esclusivo perché tutti i fratelli si recavano per prestare la loro assistenza.
Era stato altresì accertato che i trasferimenti erano stati disposti dall’azienda per precise circostanze.
Inoltre, non è emersa l’illegittimità della decisione datoriale di rifiutare il trasferimento del ricorrente ai sensi della Legge 104. I trasferimenti nelle altre sedi non richieste appaiono giustificati in base ad esigenze tecniche ed organizzative. In ogni caso la reazione ai trasferimenti è stata ritenuta dalla Corte sproporzionata anche rispetto anche ad una ipotetica illegittimità datoriale posto che i trasferimenti erano intervenuti in sedi di poche chilometri di distanza dalla sede precedentemente ricoperta.