Licenziamento del lavoratore venticinquenne: nessuna discriminazione




Secondo la Corte di giustizia, i principi comunitari di parità di trattamento in materia di occupazione non ostano ad una disposizione che autorizzi un datore di lavoro a concludere un contratto di lavoro intermittente con un lavoratore che abbia meno di 25 anni, qualunque sia la natura delle prestazioni da eseguire, e a licenziare detto lavoratore al compimento del 25° anno, giacché tale disposizione persegue una finalità legittima di politica del lavoro e del mercato del lavoro.


Nel caso di specie, il dipendente ha lavorato presso l’azienda chiamata in causa a far data dal 14 dicembre 2010 sulla base di un contratto di lavoro a tempo determinato, convertito in contratto a tempo indeterminato il 1° gennaio 2012. A termini del contratto, l’interessato doveva, senza carattere di continuità, ad ogni richiesta in tal senso dell’azienda, «garantire l’assistenza ai clienti e operare i registratori di cassa». Nel corso del rapporto, per i primi mesi di servizio, il lavoratore ha svolto tra i quattro e i cinque turni settimanali di lavoro notturno, e poi, dal 2011, tre o quattro turni settimanali. Avendo constatato che il suo nome non figurava più nel prospetto successivo a quello che terminava il 16 luglio 2012, si è rivolto all’Ufficio risorse umane, occasione nella quale gli è stato comunicato che il suo rapporto di lavoro era terminato il 26 luglio 2012, data che corrispondeva al giorno del suo 25° compleanno, «a causa del venir meno [in tale data] del requisito soggettivo dell’età».
La controversia che ne è scaturita è arrivata sino al giudice del rinvio, il quale sospendendo il procedimento, si è interrogato circa la compatibilità dell’articolo 34, par. 2, del D.Lgs. n. 276/2003, nelle versioni applicabili al procedimento principale, con la direttiva n. 2000/78 nonché con il principio di non discriminazione in base all’età, ed ha deciso di sottoporre la questione alla Corte di giustizia.
Dalle osservazioni del governo italiano risulta che la disposizione in discussione si inserisce in un contesto normativo finalizzato a valorizzare la flessibilità nel mercato del lavoro, quale strumento per incrementare l’occupazione. Per quanto concerne, in particolare, la categoria dei lavoratori di età inferiore ai 25 anni, emerge infatti dalle osservazioni del governo italiano che la facoltà accordata ai datori di lavoro di concludere un contratto di lavoro intermittente «in ogni caso» e di risolverlo quando il lavoratore di cui trattasi compia 25 anni di età ha l’obiettivo di favorire l’accesso dei giovani al mercato del lavoro. Pertanto, tale disposizione sarebbe relativa ad uno stadio precedente al pieno accesso al mercato del lavoro. In tali circostanze, si deve constatare che la disposizione nazionale di cui al procedimento principale, avendo la finalità di favorire l’accesso dei giovani al mercato del lavoro, persegue una finalità legittima, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78.
Tenuto conto delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 21 della Carta nonché l’articolo 2, paragrafo 1, l’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una disposizione, quale quella di cui al procedimento principale, che autorizza un datore di lavoro a concludere un contratto di lavoro intermittente con un lavoratore che abbia meno di 25 anni, qualunque sia la natura delle prestazioni da eseguire, e a licenziare detto lavoratore al compimento del venticinquesimo anno, giacché tale disposizione persegue una finalità legittima di politica del lavoro e del mercato del lavoro e i mezzi per conseguire tale finalità sono appropriati e necessari.





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