Necessaria la prova analitica per superare la presunzione da redditometro




In tema di imposte sui redditi, qualora l’ufficio accerti induttivamente il reddito con metodo sintetico, il contribuente è tenuto a fornirne la prova con documentazione idonea a dimostrare l’entità e la permanenza nel tempo del possesso del relativo reddito (Corte di Cassazione – Sez. VI civ. – Ordinanza 17 ottobre 2018, n. 26072).

La Suprema Corte respinge il ricorso proposto dalla contribuente avverso la decisione della CTR che aveva accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTP, che, a sua volta, aveva accolto l’impugnazione della contribuente avverso un avviso di accertamento IRPEF.
Per la ricorrente la CTR avrebbe omesso di considerare la prova contraria offerta dalla contribuente, reputando oltre tutto assente qualunque onere probatorio e motivazionale in capo all’Ufficio.
In tema di accertamento dell’imposta sui redditi, ed al fine della determinazione sintetica del reddito annuale complessivo, l’ufficio finanziario è legittimato a risalire da un fatto noto a quello ignoto (art. 2727 c.c.), cioè alla sussistenza di un certo reddito, incombendo, invece, sul contribuente l’onere di provare che la circostanza su cui si fonda la presunzione semplice non corrisponde alla realtà.
La CTR ha mostrato di applicare i predetti principi, giacché a fronte di un “oggettivo disallineamento tra indici di spesa e redditi dichiarati”, ha valutato che la prova contraria fosse del tutto inesistente, né il ricorrente ha fornito elementi idonei a rilevare contraddizioni in tale valutazione.





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