A decorrere dal periodo d’imposta 2017, i soggetti che, oltre ad effettuare investimenti in proprio, svolgano anche attività di ricerca per committenti non residenti, possono accedere al beneficio se la spesa complessiva per gli investimenti in attività di ricerca (propria e/o per committenti non residenti) eccede la media storica rideterminata (eventualmente) al fine di tenere conto dei costi sostenuti per le commesse estere nel periodo di riferimento (Agenzia delle Entrate – Risposta ad interpello 2 novembre 2018, n. 58)
A decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016 (nella generalità dei casi, dal 2017), l’incentivo a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo (cd. “bonus R&S”) è stato potenziato prevedendo il riconoscimento anche alle imprese residenti o alle stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti che eseguono le attività di ricerca e sviluppo nel caso di contratti stipulati con imprese residenti o localizzate in altri Stati dell’UE, negli Stati aderenti all’accordo SEE sullo Spazio economico europeo ovvero in Stati con cui è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le doppie imposizioni sul reddito.
In precedenza, infatti, le spese per attività di ricerca e sviluppo sostenute da imprese commissionarie residenti (o da stabili organizzazioni di soggetti non residenti), per l’esecuzione di contratti di ricerca stipulati con committenti non residenti e privi di stabile organizzazione in Italia, erano completamente irrilevanti ai fini della disciplina agevolativa.
Si pone, dunque, il quesito se ai fini dell’accesso al Bonus per le attività di ricerca e sviluppo svolte a decorrere dal 2017, si debbano includere nella media storica anche le attività di R&S svolte su commesse estere negli anni precedenti.
In proposito, l’Agenzia delle Entrate ha evidenziato che nella determinazione degli investimenti da assumere ai fini del calcolo della media di riferimento occorre tenere conto del principio di “omogeneità” degli investimenti.
In particolare, al fine di verificare se vi è un incremento di spesa agevolabile, deve essere effettuato il confronto tra gli investimenti agevolabili del periodo d’imposta e al media storica degli investimenti agevolabili sostenuti nel periodo di riferimento. Perciò si prende a riferimento la massa degli investimenti effettuati (spese ammissibili sostenute) nei periodi d’imposta rilevanti ai fini della media e la massa degli investimenti effettuati nel periodo d’imposta in relazione al quale si intende accedere al beneficio, a prescindere dalla circostanza che le spese sostenute nei periodi della media e quelle sostenute nel periodo in cui si intende beneficiare dell’agevolazione appartengano a categorie diverse tra quelle ammesse al credito di imposta.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, per valutare l’incremento necessario ai fini del riconoscimento del “bonus”, si deve osservare il principio di omogeneità in relazione a tutte le possibili configurazioni che l’attività di ricerca agevolabile può assumere (interna, commissionata a soggetti residenti, svolta su commissione di soggetti esteri).
In conclusione, nel rispetto del principio di omogeneità che caratterizza la verifica dell’incremento degli investimenti agevolabili, a decorrere dal periodo d’imposta 2017, i soggetti che effettuano attività di ricerca e sviluppo sono tenuti a calcolare la media storica tenendo conto di tutti i costi ammissibili sostenuti nei periodi di riferimento, ivi compresi quelli relativi alla ricerca commissionata da soggetti non residenti, a prescindere dalla circostanza che, in uno dei periodi per i quali si intende accedere all’agevolazione, l’impresa sostenga o meno costi di ricerca per commesse dall’estero.
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