Il commercialista che sia anche amministratore, revisore e/o sindaco di società non è soggetto a IRAP per il reddito netto di tali attività (Corte di Cassazione – Sez. trib. – Ordinanza 25 gennaio 2019, n. 2156).
Nel caso di specie, la Suprema Corte ha accolto il ricorso del contribuente-commercialista, avverso la sentenza della CTR che lo aveva assoggettato ad IRAP relativamente all’attività autonoma di sindaco di una società di capitali.
La Corte ha chiarito che il commercialista che sia anche amministratore, revisore e sindaco di una società non soggiace all’imposta per il reddito netto di tali attività, in quanto è soggetta ad imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata, per il cui avveramento non è sufficiente che il commercialista operi normalmente presso uno studio professionale. Tale presupposto infatti non integra di per sé il requisito dell’autonoma organizzazione rispetto ad un’attività rilevante quale organo di una compagine terza. Diversamente, il dottore commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di società e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un’attività unitaria, nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegate all’esercizio della professione nel suo complesso, non ha diritto al rimborso dell’Irap quando, per mancato assolvimento dell’onere probatorio su di lui gravante, non sia possibile scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e di verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in esame.
L’accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.
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