Con la recente Ordinanza n. 26749 del 23 ottobre 2018, la Corte di Cassazione ha affermato che in caso di operazione erroneamente assoggettata ad IVA applicando un’aliquota diversa da quella prevista per la tipologia dell’operazione non è ammessa la detrazione dell’imposta pagata e fatturata, atteso che l’esercizio del relativo diritto presuppone l’effettiva realizzazione di un’operazione assoggettabile ad IVA nella misura dovuta.
FATTO
L’Agenzia delle Entrate ha emesso avviso di accertamento nei confronti del contribuente per il recupero dell’IVA detratta, risultante da fatture relative ad operazioni di smaltimento di rifiuti in cui era stata applicata un’aliquota maggiore (20 per cento) di quella (del 10 per cento) prevista.
L’avviso di accertamento è stato annullato dai giudici tributari, i quali hanno sostenuto l’illegittimità della pretesa tributaria in considerazione dell’assenza di pregiudizio per l’Erario.
DECISIONE DELLA CASSAZIONE
La Corte di Cassazione ha riformato la decisione dei giudici tributari, affermando che in tema di IVA, sulla base del combinato disposto della normativa nazionale e di quella europea, la detrazione dell’imposta pagata “a monte” per l’acquisto o l’importazione di beni, o per conseguire la prestazione di servizi necessari all’impresa, non è ammessa in ogni caso, in quanto non è sufficiente, ai fini della detrazione, che tali operazioni attengano all’oggetto dell’impresa e siano fatturate, ma è altresì indispensabile che esse siano assoggettabili all’IVA nella misura dovuta.
Di conseguenza, qualora l’operazione sia stata erroneamente assoggettata all’IVA, per la misura non dovuta restano privi di fondamento non solo il pagamento dell’imposta da parte del cedente (che ha perciò diritto di chiedere all’amministrazione il rimborso dell’IVA) e la rivalsa effettuata dal cedente nei confronti del cessionario (che può quindi chiedere al cedente la restituzione dell’IVA versata in via di rivalsa), ma anche la detrazione operata dal cessionario nella sua dichiarazione IVA, con conseguente potere- dovere dell’amministrazione di escludere la detrazione dell’IVA così pagata in rivalsa.
In tal caso, precisa la Suprema Corte, solo il prestatore di servizi ovvero il cedente è legittimato a chiedere il rimborso delle somme indebitamente versate a titolo di IVA, mentre il committente o cessionario che ha ricevuto la fattura con aliquota IVA maggiore di quella dovuta può esercitare un’azione civilistica di ripetizione dell’indebito nei confronti del fornitore.
Link all’articolo originale