Congedo straordinario assistenza disabili: incostituzionale il requisito della “preesistente convivenza”




La Corte Costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale della norma sul congedo straordinario, nella parte in cui non annovera tra i beneficiari, alle condizioni stabilite dalla legge, il figlio che, al momento della presentazione della richiesta, ancora non conviva con il genitore in situazione di disabilità grave, ma che tale convivenza successivamente instauri


Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, co. 5, del Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, nella parte in cui richiede, ai fini dell’ottenimento del congedo, “la preesistente” convivenza dei figli con il soggetto da assistere. Il Tribunale rimettente ha esposto di dover decidere sul ricorso di un agente penitenziario, che ha chiesto di beneficiare del congedo straordinario retribuito per l’assistenza al padre ammalato, cui però il Ministero della giustizia, dopo avere riscontrato che il lavoratore e il genitore da assistere non convivevano, ha rigettato l’istanza. Il ricorrente ha così instaurato il giudizio di merito per ottenere l’annullamento del provvedimento di rigetto. Ad avviso del rimettente, la norma in oggetto, nella parte in cui richiede, ai fini dell’ottenimento del congedo, la preesistente convivenza del figlio con il genitore da assistere, e non consente invece che la convivenza costituisca una condizione richiesta durante la fruizione del congedo, contrasterebbe con molteplici parametri della Carta fondamentale. Sarebbe violato, anzitutto, il combinato disposto di cui agli artt. 2, 29 e 32 della Costituzione che affida a ogni componente della famiglia il compito di assistere il disabile: al “dovere di solidarietà che vincola comunitariamente ogni congiunto”, infatti, fa riscontro il “corrispondente diritto del singolo di provvedere all’assistenza materiale e morale degli altri membri, ed in particolare di quelli più deboli e non autosufficienti, secondo le proprie infungibili capacità”. La scelta poi di porre la preesistente convivenza come “prerequisito” indispensabile per il godimento del beneficio fornirebbe una concezione restrittiva dell’assistenza familiare, limitata al solo nucleo convivente, nonché una visione statica e presuntiva dell’organizzazione familiare, che può rivelarsi incompatibile con la necessità di prendersi cura, dall’oggi al domani, di una persona divenuta gravemente disabile.
Per la Corte di Costituzionale, la questione è fondata. Per l’assistenza a persona disabile, il Legislatore prevede, oltre alle provvidenze dei permessi e del trasferimento, l’istituto del congedo straordinario, circoscritto a ipotesi tassative e contraddistinto da presupposti rigorosi. Il congedo spetta solo per l’assistenza a persona in condizioni di disabilità grave, debitamente accertata, che si ravvisa solo in presenza di una minorazione, “singola o plurima”, che “abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione”. Sul versante soggettivo, il Legislatore stabilisce che il congedo straordinario non possa essere riconosciuto a più di un lavoratore per l’assistenza alla stessa persona e delinea una precisa gerarchia dei beneficiari: in primo luogo, il coniuge convivente e in caso di mancanza, di decesso o di patologie invalidanti, il padre o la madre anche adottivi e poi a seguire, alle medesime condizioni, i figli conviventi ed infine i fratelli o le sorelle conviventi. Orbene, nell’estendere il congedo straordinario oltre l’originaria cerchia dei genitori, il Legislatore ha attribuito rilievo esclusivo alla preesistente convivenza con il disabile, al fine di salvaguardare quella continuità di relazioni affettive e di assistenza che trae origine da una convivenza già in atto, tuttavia la convivenza non può esaurirsi in un dato meramente formale e anagrafico, esprimendo, di contro, nella quotidiana condivisione dei bisogni e del percorso di vita, una relazione di affetto e di cura. Il citato presupposto della convivenza, dunque, rischia di pregiudicare la finalità di preminente tutela del disabile, quando manchino i familiari conviventi indicati in via prioritaria dalla legge e vi sia solo un figlio, all’origine non convivente, pronto a impegnarsi per prestare la necessaria assistenza. Tali situazioni sono ugualmente meritevoli di adeguata protezione, poiché riflettono i mutamenti intervenuti nei rapporti personali e le trasformazioni che investono la famiglia, non sempre tenuta insieme da un rapporto di prossimità quotidiana, ma non per questo meno solida nel suo impianto solidaristico.





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