Con la recente Ordinanza n. 29551 del 16 novembre 2018, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo il quale, anche in caso di irrituale formazione del contratto di affitto di azienda, l’atto si considera esistente nei confronti del Fisco, conservando sotto il profilo fiscale gli effetti della locazione.
FATTO
L’Agenzia delle Entrate ha emesso avviso di accertamento nei confronti del contribuente contestando l’omessa presentazione della dichiarazione IVA e la mancata applicazione dell’IVA su merci vendute, come conseguenza della asserita inesistenza del contratto di affitto di azienda, derivante dalla redazione non rituale del contratto stesso.
In particolare, l’Ufficio ha accertato l’esistenza di un primo contratto d’affitto d’azienda, ritualmente formato e registrato, in cui non risulta indicato il trasferimento delle rimanenze di merci, e di un secondo, successivo, contratto d’affitto azienda con un canone maggiorato e comprensivo anche delle rimanenze di merci, ma non registrato e non redatto in forma pubblica o con scrittura privata autenticata. Considerando il secondo contratto inesistente, per vizio di forma, l’Ufficio ha dedotto che le merci fossero oggetto di una vera e propria cessione, con conseguente assoggettamento ad IVA, e imputazione del corrispettivo a ricavi del periodo d’imposta, anziché parte dei beni d’azienda concessa in locazione.
DECISIONE DELLA CASSAZIONE
Riformando la decisione dei giudici tributari, la Corte di Cassazione ha affermato che ai fini fiscali l’esistenza del contratto di affitto d’azienda, prescinde dalla circostanza che l’atto sia ritualmente formato.
Secondo la normativa, per le imprese soggette a registrazione i contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda devono essere provati per iscritto. Tali contratti, in forma pubblica o per scrittura privata autenticata, devono essere depositati per l’iscrizione nel registro delle imprese, nel termine di trenta giorni, a cura del notaio rogante o autenticante.
In proposito, la Corte di Cassazione ha affermato che la forma scritta per il contratto di affitto d’azienda è richiesta dalla norma solo “ad probationem”, e dunque con effetti limitati al processo ed alle sole parti contraenti, mentre ai fini tributari l’atto, a differenza di quanto si verifica per quelli che richiedono la forma scritta “ad substantiam”, deve essere considerato ontologicamente esistente per il Fisco, a prescindere dalla sussistenza, in concreto, della forma ritualmente stabilita dal codice civile. A conferma di ciò, precisano i giudici della Suprema Corte, il Fisco è tenuto altresì a registrare d’ufficio i contratti verbali di affitto di azienda.
Tale principio affermato dalla Cassazione assume particolare rilievo proprio in relazione agli effetti prodotti dal contratto di affitto d’azienda riguardo alla tassazione dei proventi ed ai risultati derivanti dal trasferimento dei beni aziendali, considerato che in caso di inesistenza del contratto di affitto si configura, per il Fisco, una cessione a cui corrisponde un diverso regime fiscale.
Nel caso esaminato, dunque, sulla base delle suddette considerazioni, la Corte di Cassazione ha affermato l’esistenza nei confronti del Fisco del secondo contratto di affitto d’azienda nonostante l’irrituale formazione dello stesso, e di conseguenza, l’illegittimità della pretesa tributaria.
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