Le spese per il subaffitto dello studio professionale sono estranee al presupposto Irap



Con la recente Ordinanza n. 28174/2018, la Corte di Cassazione ha affermato che le spese pagate da un professionista ad altro professionista a titolo di canoni per l’utilizzo di parte dello studio in subaffitto non costituiscono compensi a terzi rilevanti ai fini del presupposto di applicazione dell’IRAP. In assenza di altri elementi rilevanti ai dell’applicazione dell’imposta, dunque, deve essere riconosciuto il diritto al rimborso

FATTO


Il professionista, medico di medicina generale in convenzione con il SSN, ha impugnato il silenzio-rifiuto formatosi sull’istanza di rimborso IRAP.
I giudici tributari hanno respinto il ricorso del professionista ritenendo la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione, in considerazione della sussistenza di spese per compensi a terzi in favore di altro medico. In particolare, i giudici tributari hanno ritenuto non provata l’entità delle spese per collaborazioni, poiché la documentazione fornita dal professionista riguardava esclusivamente ricevute per canoni di subaffitto dello studio.

PRESUPPOSTO IRAP


In tema di IRAP, l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall’impresa commerciale costituisce, secondo un orientamento ormai consolidato, presupposto dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il requisito dell’autonoma organizzazione, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente che eserciti attività di lavoro autonomo:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione, e non sia quindi inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’ “id quod plerumque accidit”, costituiscono nell’attualità il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività anche in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui”.

DECISIONE DELLA CASSAZIONE


Nell’ambito della controversia riguardante il silenzio-rifiuto la Corte di Cassazione ha dichiarato la nullità della sentenza per assenza di motivazione e mancata valutazione di documenti decisivi per la controversia, rilevando un travisamento della prova da parte dei giudici tributari.
In particolare, la Corte Suprema ha affermato che erroneamente i giudici tributari hanno ritenuto non provate le spese per collaborazioni in considerazione della documentazione fornita, inerente alle sole ricevute per canoni di subaffitto dello studio, laddove il professionista ha eccepito che proprio l’importo costante dei costi esibiti negli anni in questione costituiva la prova che i costi rappresentati non fossero compensi per collaborazioni professionali, ma unicamente spese per prestazioni inerenti al subaffitto dei locali destinati a studio.
Accogliendo la tesi del professionista, i giudici della Corte di Cassazione hanno affermato inoltre che le spese per i canoni relativi al subaffitto dello studio devono ritenersi estranee al presupposto di applicazione dell’IRAP. Invertendo, poi, l’onere della prova a stabilito che qualora non sia accertata la sussistenza di ulteriori spese rilevanti ai fini IRAP ovvero l’impiego di personale alle proprie dipendenze, deve essere riconosciuto il diritto del professionista al rimborso dell’IRAP illegittimamente versata.





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