Nel rapporto di lavoro subordinato il tempo necessario ad indossare la divisa aziendale rientra nell’orario di lavoro solo se è assoggettato al potere conformativo del datore di lavoro.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione pronunciandosi sul caso di alcuni lavoratori nei confronti dei quali era stata respinta la domanda proposta per la remunerazione del tempo, necessario ad indossare ed a dismettere la tuta di lavoro nonché a fare la doccia.
Secondo i giudici, non era stato dedotto il potere, anche indiretto, del datore di conformazione della prestazione accessoria nè era stata allegata la circostanza che i lavoratori medesimi fossero tenuti ad anticipare il loro arrivo nell’ambiente di lavoro ed ad utilizzare gli spogliatoi aziendali, potendo liberamente assolvere a tali attività preparatorie anche presso le rispettive abitazioni. Non era stata, poi, dedotta la circostanza che, per le caratteristiche delle tute di lavoro, delle scarpe e dei dispositivi di sicurezza, l’utilizzo degli indumenti al di fuori dell’ambiente di lavoro non fosse consono o adeguato, secondo un criterio di normalità sociale.
Dunque, nel rigettare il ricorso la Corte ha applicato il consolidato principio, secondo cui nel rapporto di lavoro subordinato il tempo necessario ad indossare la divisa aziendale rientra nell’orario di lavoro soltanto se è assoggettato al potere conformativo del datore di lavoro, ciò che può derivare o dalla esplicita disciplina di impresa o, implicitamente, dalla natura degli indumenti o dalla funzione che essi devono assolvere, tali da determinare un obbligo di indossare la divisa sul luogo di lavoro.
I ricorrenti non avevano provato di essere vincolati ad utilizzare gli spogliatoi aziendali ed ad anticipare il proprio arrivo nell’ambiente di lavoro, potendo liberamente assolvere a tali attività preparatorie anche presso le rispettive abitazioni. I mezzi di prova articolati, pertanto, vedevano su circostanze irrilevanti al decidere, perché non significative della eterodirezione.
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