Le condizioni della giurisprudenza per il “bonus assunzione”




Per il riconoscimento del credito di imposta il dipendente assunto non deve essere titolare di un contratto a tempo indeterminato nei 24 mesi precedenti. (CORTE DI CASSAZIONE – Sez. trib. – Ordinanza 16 gennaio 2019, n. 933).

Nella fattispecie esaminata dalla Suprema Corte la srl ha proposto, davanti alla Commissione tributaria provinciale di Catania, ricorso contro il recupero di credito d’imposta per l’anno 2002. La Commissione tributaria provinciale di Catania ha respinto il ricorso, mentre, la Commissione tributaria regionale di Palermo ha accolto l’appello. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi.
Con il primo ed il secondo motivo, che possono trattarsi congiuntamente, stante la stretta connessione, l’Agenzia delle Entrate lamenta l’omessa motivazione della sentenza e la violazione dell’articolo 7 della legge n. 388 del 2000, poiché la corte territoriale non avrebbe chiarito il ragionamento giuridico seguito per definire la controversia e, comunque, avrebbe errato nel non considerare che l’agevolazione in questione non spettava qualora il dipendente assunto fosse stato, come nella specie, titolare di contratto di lavoro a tempo indeterminato ancorché part time.
La doglianza viene accolta dalla Cassazione, in quanto, il comma 5 dell’articolo 7 della legge n. 388 del 2000 dispone che “Il credito d’imposta di cui al comma 1 spetta a condizione che:
a) i nuovi assunti siano di età non inferiore a 25 anni;
b) i nuovi assunti non abbiano svolto attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato da almeno 24 mesi o siano portatori di handicap individuati ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
c) siano osservati i contratti collettivi nazionali anche con riferimento ai soggetti che non hanno dato diritto al credito d’imposta;
d) siano rispettate le prescrizioni sulla salute e sulla sicurezza dei lavoratori.
Allo stesso tempo, il comma 1 della medesima disposizione stabilisce che “Ai datori di lavoro, che nel periodo compreso tra il 1° ottobre 2000 e il 31 dicembre 2003 incrementano il numero dei lavoratori dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato è concesso un credito di imposta. Sono esclusi i soggetti di cui all’articolo 88 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.
Dall’esame della normativa applicabile nella specie si evince che presupposto negativo per il riconoscimento del credito di imposta controverso è che il dipendente assunto non sia stato titolare di un contratto a tempo indeterminato nei 24 mesi precedenti.
Ciò in quanto la ratio della normativa era di incrementare il numero dei lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato e, dunque, solo a tale tipo di rapporto doveva aversi riguardo ai fini della concessione dell’agevolazione fiscale.
Pertanto, la decisione impugnata ha errato nella misura in cui ha ritenuto di distinguere dal lavoratore a tempo indeterminato quello a tempo indeterminato con orario parziale, senza considerare che la natura del contratto di lavoro è la stessa.
Deve osservarsi che il comma 2 dell’articolo 7 citato precisa che “Il credito di imposta è commisurato, nella misura di lire 800.000 per ciascun lavoratore assunto e per ciascun mese, alla differenza tra il numero dei lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato rilevato in ciascun mese rispetto al numero dei lavoratori con contratto di lavoro a tempo indeterminato mediamente occupati nel periodo compreso tra il 1 ottobre 1999 e il 30 settembre 2000. Il credito di imposta decade se, su base annuale, il numero complessivo dei lavoratori dipendenti, a tempo indeterminato e a tempo determinato, compresi i lavoratori con contratti di lavoro con contenuto formativo, risulta inferiore o pari al numero complessivo dei lavoratori dipendenti mediamente occupati nel periodo compreso tra il 1 ottobre 1999 e il 30 settembre 2000. Per le assunzioni di dipendenti con contratti di lavoro a tempo parziale il credito d’imposta spetta in misura proporzionale alle ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale. (..)”.
La norma, quindi, prende in specifica considerazione i lavoratori a tempo parziale, ma, diversamente da quanto sembra ritenere la Commissione territoriale regionale di Palermo, Sez. Dist. di Catania, solo ove siano assunti proprio al fine dell’ottenimento del credito di imposta ed esclusivamente perché equivalenti, a tale fine, agli altri lavoratori a tempo indeterminato, da cui si differenziano unicamente per il criterio di calcolo del suddetto credito d’imposta, collegato alle “ore prestate rispetto a quelle del contratto nazionale”.
Ne consegue la fondatezza delle doglianze.





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