L’Agenzia delle entrate con risposta n. 72 dell’8 marzo 2019 ha chiarito che il trasferimento della titolarità è ammissibile unicamente nei casi in cui specifiche norme giuridiche prevedono, al verificarsi dell’operazione, una confusione di diritti e obblighi dei diversi soggetti giuridici interessati; ad esempio, nei casi di fusione, successione per decesso dell’imprenditore individuale, scissione. Ugualmente i crediti di tal natura possono essere trasferiti nell’ambito della cessione del ramo d’azienda che lo ha generato.
A tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, “a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020”, è riconosciuto un credito di imposta commisurato alle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.
Con particolare riferimento alle modalità di fruizione del credito d’imposta in oggetto, tale credito è utilizzabile esclusivamente in compensazione. Non potendo, dunque, essere chiesto a rimborso, il credito non può essere ceduto.
Altresì, non è possibile invocare la cessione dei crediti ex articolo 1260 del codice civile, secondo cui “Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale o il trasferimento non sia vietato dalla legge.”. Le norme che disciplinano il credito per ricerca e sviluppo non contengono alcun richiamo al citato articolo 1260 del c.c., né è possibile assimilare detto credito a quelli per i quali la cessione è stata ammessa, in via interpretativa, nel presupposto che i fruitori del credito erano dei meri intermediari tra l’Amministrazione e i destinatari della agevolazione cui il credito si riferiva.
Il fruitore del credito da ricerca e sviluppo coincide, infatti, con l’effettivo beneficiario dell’agevolazione, ossia con colui che effettivamente ha sostenuto la spesa. A tal proposito, l’Amministrazione finanziaria, con diversi documenti di prassi, ha più volte affermato la non trasferibilità dei crediti d’imposta di natura similare a quello in argomento in forza della natura soggettiva dei medesimi: essi infatti maturano esclusivamente in capo ai soggetti che effettuano l’investimento e non possono essere trasferiti a soggetti terzi per effetto di atti realizzativi. Il trasferimento della titolarità è, infatti, ammissibile unicamente nei casi in cui specifiche norme giuridiche prevedono, al verificarsi dell’operazione, una confusione di diritti e obblighi dei diversi soggetti giuridici interessati; ad esempio, nei casi di fusione, successione per decesso dell’imprenditore individuale, scissione. Ugualmente i crediti di tal natura possono essere trasferiti nell’ambito della cessione del ramo d’azienda che lo ha generato.
Ciò detto, nell’interpello presentato all’Amministrazione finaziaria l’istante all’atto della cessione del ramo d’azienda ha scelto di non avvalersi di tale facoltà, con la conseguenza che il credito rimasto nella sua disponibilità non può ora essere ceduto a terzi.
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